lunedì 30 settembre 2013

EVOLUZIONI

Credo che in qualunque relazione, di qualunque natura essa sia -amicizia, amore, parentela o altro- sia nostro preciso dovere aiutare a crescere l'altra persona, per quanto ci è concesso e per quanto possiamo essere in grado di farlo. Credo che sia nostro preciso dovere non assecondare i comportamenti patologici, nevrotici, autolesionisti e improduttivi di coloro ai quali vogliamo bene, ma anzi, far loro notare quanto questi comportamenti possano nuocere alla loro vita, aiutandoli così a crescere e a gestire meglio le loro risorse. Non mi sono mai piaciute le pacche sulle spalle o i 'come ti capisco', quando sono fini a se stessi e non sono seguiti da un cercare di elaborare il problema insieme, di dare un consiglio sulla base della propria esperienza, di capire insieme il modo in cui migliorare o cambiare uno stile di vita, un atteggiamento, un pensiero che finora non ha portato risultati positivi. Non credo fino in fondo nel dover accettare qualcuno così com'è. O meglio, credo nell'accettare la persona, ma non il suo comportamento. La persona la accetti, la comprendi, la perdoni, ci entri in empatia, perché ogni persona ha una storia alle spalle, ogni persona ha un vissuto grazie al quale è quello che è e fa quel che fa, e non è tuo compito giudicarla. Ma il comportamento, quando è palesemente nocivo, va fatto notare, sia che nuoccia a noi, sia che nuoccia alla persona a cui appartiene. Purtroppo, però, non tutte le persone vogliono crescere. Non a tutti piace il confronto costruttivo. Molti determinano la qualità della loro relazione proprio in base alla volontà e capacità dell'altro di assecondarli, negandosi la grande opportunità di crescere, evolversi, migliorare la propria vita, e non capendo che l'unico modo che l'altra persona ha di volerti bene è quello di interrompere certi schemi di comportamento patologici che vede in te, a costo di interrompere ogni rapporto. E così le amicizie e gli amori finiscono, le persone si allontanano, talvolta gradualmente, talvolta con brusche rotture, perché non hanno più niente da dirsi. Perché il linguaggio non è più lo stesso, perché uno dei due parla il linguaggio della crescita, dell'evoluzione, del cambiamento, mentre l'altro si fa sordo e si immerge un soliloquio involutivo e statico. E spesso, colui che si è fatto sordo, adduce la fine della relazione alla incapacità dell'altro di capirlo, non rendendosi conto che l'altro ha fatto il possibile per farsi capire lui per primo, trovando un muro. È impossibile fare un percorso mano nella mano con chi non ha voglia di camminare e si ferma continuamente lamentandosi e pretendendo di essere capito da te perché il percorso non è facile, perché è faticoso, non rendendosi minimamente conto di quanto sia difficile per te in primis, quel percorso. Ma tu hai voglia di andare avanti, perché sai che più vai avanti e meno faticoso è, mentre l'altro, l'incompreso, vuole solo star fermo, evitare qualunque fatica, ignorando che rimanere fermi è la fatica più grande che un essere umano possa fare, dato che tutto cresce, in natura, e niente resta fermo. E andare contro natura è sempre molto faticoso e costa anche molto caro.


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