giovedì 30 ottobre 2014

PRIORITÀ


È abitudine di molti (me compresa) dire 'non ho tempo', quando mi trovo in difficoltà nell'inserire qualcosa nel mio calendario. 'Non ho tempo' per fare questo, quest'altro, e quest'altro ancora.  Partiamo da un dato di fatto oggettivo: il tempo non è mai abbastanza per fare tutto ciò che vorremmo e dovremmo fare. Una giornata è fatta di sole 24 ore, purtroppo, e se togliamo le ore dedicate al riposo notturno, quelle dedicate ai pasti, e quelle dedicate al lavoro, ne rimangono ben poche. Questo, ripeto, è un dato di fatto oggettivo e inconfutabile, come anche il fatto che non abbiamo, ahimè, il dono dell'ubiquità. La naturale conseguenza di tutto ciò è che non possiamo fare tutto. E quindi dobbiamo SCEGLIERE. Ed è proprio nel fare una scelta che stabiliamo le nostre priorità. Spesso però fare una scelta è difficile, perché difficile è proprio stabilire le nostre priorità. Se non abbiamo ben chiari i nostri valori, ossia ciò che è più importante per noi e ciò che vogliamo davvero dalla vita, non saremo mai in grado di fare le scelte giuste, quelle più funzionali per noi e per quello che vogliamo raggiungere e ottenere. Sappiamo a cosa dare priorità solo se sappiamo prima di tutto cosa vogliamo davvero. Ogni giorno siamo chiamati a scegliere cosa fare della nostra vita, al di là di pochissime cose che non possiamo scegliere. E se qualcosa ci preme veramente, ed è davvero importante, il tempo lo troveremo. Non oggi, non domani, forse, ma prima o poi lo troveremo. Le scelte sono solo una questione di priorità. Per questo sarebbe bello sostituire la frase 'non ho tempo per...' con 'non è una mia priorità'.

martedì 14 ottobre 2014

GIACCHETTE BIANCHE

Mesi fa, in un posto di lavoro nel quale non mi recavo da molti mesi, mi è stato chiesto se avessi smarrito una giacchetta bianca. Io, senza alcuna esitazione, ho risposto di no, che non era mia. Che me ne sarei accorta, se l'avessi persa. Ma una persona ha insistito nel farmela vedere e, con mia grande sorpresa, ho scoperto che era proprio la mia! Era una giacchetta di mezza stagione, che in quel momento non avrei messo perché era inverno. Probabilmente me l'ero dimenticata lì in autunno, e poi non ne avevo avuto più bisogno perché era arrivato l'inverno. Da lì è partita una mia riflessione: la mancanza che sentiamo delle cose e delle persone che ci circondano, a cui siamo abituati, e delle cose che facciamo, è indissolubilmente legata ai nostri bisogni. Se non sentiamo il bisogno di qualcosa o qualcuno non ne sentiamo la mancanza. E, spesso, se non ne sentiamo la mancanza non ci rendiamo conto di quanto questa cosa sia importante. Ci manca tutto ciò che va a soddisfare i nostri bisogni primari, ci manca come l'ossigeno, talvolta. Ci manca tutto ciò che con la sua assenza va a diminuire la qualità della nostra vita. Ci manca ciò che ci serve per stare bene. Quella povera giacchetta bianca sarebbe rimasta lì fino al prossimo autunno, fino a quel momento in cui, sentendo un po' di freddino, mi sarei chiesta: 'ma dove è finita quella giacchetta bianca che avevo?' E sarei impazzita a cercarla, magari invano. Questo è uno sciocco esempio, un banalissimo aneddoto. Ma spesso trattiamo le persone proprio come quella giacca.. Le lasciamo lì, in un angolo, fintanto che non ci servono, che non ci sono utili. Fintanto che un nostro bisogno non può essere soddisfatto senza la loro presenza. Forse dovremmo ricordarci più spesso che se è arrivato l'inverno e l'autunno è alle spalle poi arriverà la primavera, l'estate e poi di nuovo l'autunno. Dovremmo ricordarci che avremo di nuovo bisogno di quella giacca. Per scaldarci nel giusto modo, nel modo in cui avremo bisogno. Non troppo e non troppo poco. Ricordarci che ci ha scaldati fino a un attimo prima, e che ci scalderà ancora un attimo dopo. Tutti noi siamo giacchette bianche, tutti utili, nessuno indispensabile, soprattutto non in ogni momento della nostra vita. Ma cerchiamo di avere attenzione e rispetto, di ricordarci di ogni giacchetta bianca dimenticata, di non darla mai per scontata, perché  il giorno che ne avremo bisogno potremmo non trovarla più a nostra disposizione.

mercoledì 1 ottobre 2014

SPRECHI

Da sempre mi piace studiare le persone, capire la loro mappa del mondo, il loro modo di vedere la vita e di viverla. Ho molti amici e molte conoscenze, e con estrema curiosità osservo il loro comportamento e ascolto il loro modo di ragionare. Vedo e sento sempre più spesso persone imprigionate nelle loro paure, fobie, ossessioni, o comunque comportamenti patologici e disagi psicologici che, anche quando non sono invalidanti, sono fortemente limitanti. Molte di queste persone non fanno assolutamente niente per uscirne, per cambiare, o che, come criceti, girano incessantemente sulla stessa ruota, consumando energie inutilmente e restando sempre allo stesso punto.Io, che lavoro incessantemente su me stessa da quando sono adolescente, talvolta anche eccessivamente, cercando sempre nuovi percorsi, nuove soluzioni, nuove idee, mi sono sempre chiesta il perché. So quanto sia terribile stare male, e mi sono sempre chiesta come a queste persone a un certo punto  se non arriva la spinta per andare verso un benessere, non arrivi almeno quella per fuggire da quel malessere. Credo di aver trovato una risposta, magari una delle tante possibili, quando recentemente mi sono soffermata a pensare a quanto sia prezioso per me il tempo. Credo che molte persone non vogliano cambiare, non vogliano liberarsi delle loro patologie, proprio per non rendersi conto di quanto tempo hanno sprecato e di quanta vita hanno sacrificàto in  nome di una patologia, o comunque di un comportamento disfunzionale. Talvolta è più facile raccontare a se stessi che il proprio modo di vivere è quello giusto o comunque l'unico possibile, piuttosto che ammettere che la propria vita è stata per molti versi un percorso tortuoso fallimentare e che invece, con un po' di impegno, avrebbe potuto essere un percorso rettilineo e produttivo. Non tutti siamo in grado di sopravvivere alla rabbia e alla disperazione che possono sopraggiungere quando finalmente si aprono gli occhi e si capisce cosa e dove abbiamo sbagliato, e perché. Non tutti siamo in grado di accettare la responsabilità della propria vita e capire che avremmo potuto fare qualcosa di diverso se solo ne avessimo avuto il coraggio. È molto più facile dirsi che questo è stato il nostro destino e che sì, ci abbiamo provato, ma non ci siamo riusciti. Una cosa è l'accettazione del proprio carattere, della propria indole, dei propri limiti, delle proprie paure. Un'altra è la rassegnazione. Accettarsi non significa rassegnarsi. Accettarsi significa volersi bene, e il volersi bene implica anche impegnarsi per migliorare se stessi e la propria qualità di vita. Perché poi, alla fine, di questo si tratta. Vivere la vita che ci è stata donata nel miglior modo possibile, e cercare di non sprecarla.