
I modi di dire possono essere molto diseducativi, a volte. Rifletto spesso su quelli utilizzati per esprimere la nostra gratitudine per qualcosa che va o che è andato bene: 'grazie a Dio', 'se Dio vuole', 'grazie al cielo', per fortuna', 'per buona sorte'... e anche su quelli per esprimere la nostra speranza sull'esito futuro di qualcosa: 'se Dio vorrà', 'a Dio piacendo','se la fortuna mi assiste', 'con l'aiuto della mia buona stella'... Non c'è un solo modo di dire, uno solo, che deresponsabilizzi Dio, il cielo, la sorte, il fato, la fortuna e responsabilizzi noi al posto loro. Non esistono modi di dire come ad esempio: 'grazie a me', 'per mia bravura', 'per mie capacità', 'grazie alla mia volontà', 'se io voglio','se io vorrò','se io mi impegno'... Non siamo abituati a prenderci la responsabilità della nostra vita e del nostro destino, responsabilità che preferiamo delegare a qualcosa di superiore, di ultraterreno, perché è più comodo, più facile. Nasciamo e cresciamo con una programmazione linguistica errata, nociva, diseducativa, deresponsabilizzante, deleteria per la nostra crescita e per il raggiungimento dei nostri obiettivi, per la considerazione che abbiamo di noi stessi, dei nostri mezzi, del potere della nostra mente, della nostra volontà. Cresciamo con la falsa credenza limitante che il nostro destino non dipende da noi, ci convinciamo che noi possiamo solo dare un misero contributo a ciò che è già scritto, che nulla o quasi è in nostro potere. Non è così. Proprio non lo è. 'Per fortuna', 'ringraziando il cielo', l'ho capito in tempo.