
sabato 30 marzo 2013
L'UOVO DI PASQUA SIAMO NOI

lunedì 25 marzo 2013
PARTENZE E TRAGUARDI
Quando ci troviamo coinvolti in una situazione della nostra vita che non sappiamo come andrà a finire, come un amore tormentato, un problema di lavoro o un progetto non facile da realizzare, vorremmo essere in grado di conoscere il futuro in anticipo, di immaginare cosa succederà. Non a caso cartomanti, astrologi e veggenti sono sempre molto richiesti e ricchi. Vorremmo fosse possibile vedere in modalità fast forward la nostra vita, vedere anche solo una scena futura riassuntiva che ci facesse capire l'evoluzione di ciò che stiamo vivendo oggi. Spesso mi è capitato di pensare che se avessi avuto questa possibilità, se in passato avessi potuto vedere una scena della mia vita futura, sarei sprofondata nella più cupa e inconsolabile disperazione. Non avrei visto accanto a me le persone che avrei voluto vedere, non mi sarei vista in situazioni che avrei immaginato e sperato di vivere e soprattutto certe cose, certe immagini, mi sarebbero risultate incomprensibili, perché avrei totalmente ignorato il come e il perché di quelle scene finali. Ecco perché è sciocco e sbagliato voler conoscere il futuro. E' come vedere la prima mezz'ora di un film e saltare alla scena finale: il film risulta incomprensibile e soprattutto il piacere della visione dell'intera storia va totalmente in fumo. Non è importante il traguardo, ciò che accade alla fine. E' importante lo svolgimento della storia, con le scene intermediarie di collegamento tra l'inizio e la fine. Tutte, nessuna esclusa. Sono importanti i passaggi, è importante il percorso. Partenze e traguardi non sono niente senza il percorso, non hanno alcuna importanza, alcun significato, sono accadimenti privi di senso. Nella vita non è importante sapere cosa succederà, la vita è un continuo work-in-progress e bisogna viverla attimo dopo attimo, creando dei percorsi che siano essi stessi il vero e unico senso della vita. Nessun traguardo, per quanto ambito, potrà mai competere col fascino del percorso, perché il traguardo è solo un momento della nostra vita, mentre il percorso è la vita stessa.
lunedì 18 marzo 2013
IL MOMENTO DEL CLICK
Esiste un momento (a volte anche più di uno), nella vita di ognuno di noi, in cui qualcosa dentro la nostra testa fa 'click' e noi non saremo più gli stessi di prima. Una specie di punto di non ritorno in cui qualcosa cambia in maniera irreversibile e noi prendiamo coscienza di un dato di fatto che fino a quel momento non avevamo messo a fuoco: l'importanza di qualcuno o di qualcosa nella nostra vita, l'inizio o la fine di un amore, di una passione, di un odio, una condizione esistenziale, un modo di essere, un'abitudine, un difetto, un pregio, un problema a cui finora non avevamo dato importanza, oppure la soluzione a quel problema. Può essere davvero qualsiasi cosa, sta di fatto che il 'momento del click' è un momento di profonda e intensa illuminazione, senza più ombre né schermi, e può essere una benedizione come una maledizione. Può darsi che da quel momento cominci per noi il paradiso come l'inferno, ma non sarà mai più uno statico limbo dove crogiolarsi tra le soffici coltri dell'incoscienza. Da quel momento in poi la nostra presa di coscienza ci costringerà all'azione, più o meno decisa, più o meno risolutiva, e nulla sarà mai più come prima. Adoro il 'momento del click'. E' per questo tipo di momenti che vale la pena vivere.
domenica 10 marzo 2013
COME QUANDO FUORI PIOVE
Ovunque io mi trovi, da sempre, se ho sotto mano un foglio e una penna, disegno i quattro semi delle carte. Mi piacciono, mi sono sempre piaciuti, tutti e quattro, come mi è sempre piaciuto giocare a carte. Da bambina amavo giocare a carte, e giocavo con mio padre. Era il suo modo di farmi sentire la sua presenza quando mia madre non c'era più e forse anche quello di scusarsi per la sua assenza quando mia madre c'era ancora. Ero brava a giocare a carte, e soprattutto mi divertivo.Giocavamo spesso in tre, io lui e una mia amichetta, Anna. Interi pomeriggi a giocare a carte con la prima televisione a colori accesa in sottofondo e tante risate. Le prime risate dopo dieci anni di lacrime, di tristezza, di angoscia, di terrore, di vergogna. Le prime risate dopo dieci anni di emozioni violente che non dovrebbero far parte dell'infanzia. Le prime risate dopo l'ultima, definitiva disgrazia, la morte di mia madre, in seguito alla quale tutto si era messo a posto come per magia. Niente più urla, niente più musi lunghi, niente più improvvisi risvegli notturni, niente più minacce di abbandono, niente più corpi inermi accasciati sul letto da malattie o alcol, niente più dispetti, niente più accuse che volavano, niente più 'accidenti a questa figliola e a quando è nata'. Mio padre aveva una faccia diversa, parlava in modo diverso, tanto da dubitare che fosse davvero lui. Soprattutto, avevo scoperto che sapeva sorridere. Fino a quel momento pensavo non ne fosse proprio capace, pensavo che fosse stato disegnato con la bocca rivolta all'ingiù. Ma con l'arrivo della televisione a colori si era colorato anche il mio mondo. Avevo provato a chiedere un miracolo anche a quella in bianco e nero, ma il massimo che era riuscita a fare era stato coprire le liti con il volume. Quella a colori, invece, era proprio magica, caspita! Quella aveva proprio cambiato tutto! C'era solo una cosa che non era riuscita a cambiare: l'enorme senso di credito nei confronti della vita che mi portavo dietro, e la rabbia devastante per aver vissuto i primi dieci anni da sfigata. Non ero più in grado di tollerare alcun tipo di sfortuna, neanche per scherzo, neanche per gioco. Non lo ero a dieci anni, non lo ero a quindici, non lo ero a venti, non lo ero a trenta. Ero convinta che la vita fosse talmente in debito che tutto mi doveva andare bene per forza, anche una banale partita a carte. Se per dieci anni la vita mi aveva dato carte talmente brutte da non riuscire neanche a giocare, se la prima grande partita della mia vita, l'infanzia, era persa per sempre, non era forse ovvio che una banale partita a Scala 40 la dovessi vincere di diritto? Talvolta succedeva, ovviamente. Ma talvolta no, altrettanto ovviamente. Quando giochi con tuo padre, che conosce il tuo credito con la vita e in parte ne è responsabile, anche se suo malgrado, è facile che se si accorge che stai perdendo ti faccia anche vincere. Ma quando giochi con gli amici o con il fidanzato no. Loro non sanno, loro non c'entrano, loro hanno i loro crediti e non possono star dietro ai tuoi. E se vincono, se hanno il loro piccolo riscatto, impedendo a te di avere il tuo, è la fine. Ricordo solo che quando perdevo a carte vedevo nero, quel nero di quando la tv a colori non c'era ancora, quel nero di un pozzo profondo, di un tunnel senza fine, e tutto quel che riuscivo a pensare era: 'Adesso non ho più quattro, cinque, sei, sette, otto, nove anni. Adesso ne ho quindici, diciotto, venti, trenta. Adesso mi incazzo. Adesso me la paghi. Adesso ti meno, e se non posso menarti perché sono una donna e tu sei un uomo ti scaravento addosso la prima cosa che trovo. Non ti faccio davvero del male, sono troppo furba per farlo. Ti faccio solo capire che è meglio che tu non vinca, con me. La cosa ti fa ridere? Ti sembro buffa? Mi incazzo di più, urlo di più. Arriverai a temermi, ad avere paura di me come io ho avuto paura di tutto.' Ma quando vedi negli occhi altrui la paura, e sai che quella paura l'hai generata tu, cominci ad averne anche tu. E non c'è niente di più brutto dell'aver paura di se stessi. Così smetti di giocare a carte. Poi, pian piano, smetti di giocare a tutto. Perché nel gioco si può perdere, e tu non sai perdere. Non sai perdere perché non sai giocare, perché negli anni in cui avresti dovuto imparare a giocare eri impegnata a imparare a sopravvivere. Sai giocare solo da sola, come facevi da bambina. Giochi in un mondo immaginario, dove anche gli altri giocatori sono immaginari e dove a vincere sei sempre e comunque tu. Ma non ti diverti. Ti manca sempre qualcosa. Senti che è un gioco sterile, inutile, fittizio. Ti rompi le scatole, ti annoi, e allora cominci a cercare dei Maestri che ti insegnino a giocare. I Maestri del Gioco, di quel grande gioco che si chiama Vita. Li cerchi ovunque, instancabilmente, senza sosta, e alla fine la tua voglia di imparare a giocare bene, la voglia sana, accompagnata da un altrettanto sano senso di riscatto, senza più rabbia e senza più smania di cercare colpevoli da accusare, prende finalmente il sopravvento e ti indirizza nei posti dove i Maestri li trovi davvero. Quelli bravi, quelli che parlano il tuo linguaggio, quelli che sanno toccare le corde giuste per insegnarti a giocare. Quelli che hanno il loro cuore costantemente a braccetto col loro cervello. Appaiono, come per incanto, quando sei pronta, restituendoti finalmente ciò che pensavi perduto per sempre: la tua identità autentica e originaria di bambina senza macchia e senza condizionamenti, come quando la vita ancora non aveva avuto tempo e modo di lasciare segni, come quando la capacità e la voglia di giocare c'era, come quando i sogni non erano fughe ma viaggi avventurosi. Appaiono e ti insegnano. E tu non puoi fare altro che ringraziarli e iniziare a giocare.
mercoledì 6 marzo 2013
PERCHE' UN BLOG
Perché creare un blog? E' quello che mi sono chiesta anche io. Ho trovato risposta in un'altra domanda: perché no? In queste due domande è riassunto il mio stile di vita: da una parte, il cercare un'utilità e un senso in tutto ciò che faccio; dall'altra, il farlo solo perché mi va, per il piacere di farlo. Difficilmente e raramente si intuisce il senso profondo di un percorso prima di intraprenderlo. Il più delle volte lo si capisce alla fine, e quasi sempre il senso è il percorso stesso. Quello che invece accade spesso, almeno a me, è che a un certo punto, all'improvviso, sentiamo la voglia e l'urgenza di voler fare qualcosa che fino a un attimo prima non passava neanche per l'anticamera del nostro cervello. A quel punto è lecito e forse doveroso chiedersi il perché e anche il perché no, ma la cosa più lecita e doverosa in assoluto è fare questa cosa. E quindi eccomi qui.
Sarà un blog senza pretese, il mio, perché non voglio sentirmi in obbligo di doverle soddisfare. Sarà un banale contenitore di miei pensieri in libertà. Pensieri, anch'essi, senza pretese, se non quella di condividerli con voi. Pensieri miei, pensieri inutili, pensieri di una qualunque. Abbiate pietà.
Sarà un blog senza pretese, il mio, perché non voglio sentirmi in obbligo di doverle soddisfare. Sarà un banale contenitore di miei pensieri in libertà. Pensieri, anch'essi, senza pretese, se non quella di condividerli con voi. Pensieri miei, pensieri inutili, pensieri di una qualunque. Abbiate pietà.
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